Tu mi chiedi di parlare, ma nei miei pensieri nessun concetto può diventare un discorso. Nei miei pensieri ripeto le parole cento volte, fino alla nausea, fino a sfilacciare il loro significato in niente. Si accavallano voci, discorsi, opinioni contrastanti, ed io ne sono in totale balìa.
Perché qui dentro soffia un vento così potente da poter buttare giù interi palazzi, muovere montagne, svuotare i mari dalla loro acqua salata. Qui dentro ogni parola che penso esce distorta, o non esce affatto. Ogni idea si esaurisce in un bisbiglio seguito dalla mia muta paura di sbagliare.
Vorrei parlare, è vero. Ma c’è questa insicurezza aggrappata al mio collo che oscilla verso il pavimento e mi piega, mi piega sempre di più fino a spezzarmi la schiena col suo peso che aumenta, aumenta, aumenta fino a divenire insopportabile.
Vorrei dirti così tante cose. Vorrei permetterti di conoscermi, perché so che lo vorresti, ma fino ad ora mi sono solo spogliata dei miei vestiti, tenendomi la mia spessa corazza addosso, a proteggermi il cuore, a proteggermi la testa.
Non è facile lasciar uscire tutto. Non è facile, non è piacevole. Cosa succede se ti dico tutto, e poi tutto diventa troppo? Cosa accade se dico cose che non ti aspetteresti, che non vorresti sentire? Tu non mi conosci, in fondo. Solo il mio specchio vede tutto, solo le pareti della mia stanza sentono tutto, solo le pagine che ho scritto s’impregnano di ogni mio sentimento.
Su di te le mie parole rimbalzano. O almeno è sempre stato così, con tutti gli altri. Tu non sei diverso. Neanche io lo sono, forse, in fondo. Non vorrei parlare, ma allo stesso tempo mi piacerebbe farlo. Mi piacerebbe aprirmi. Ma il male che mi hanno fatto non se ne va, non si lava via con un abbraccio, con un discorso di conforto. Il male che mi sono fatta non svanisce, non resta nel passato, ma sta qui, appollaiato sul mio corpo, annidato nella mia testa.
Non saprei spiegare a nessuno quello che provo, davvero. Mi fermo prima. Mi fermo quando una lacrima s’affaccia ai miei occhi, quando i muscoli mi si contraggono sotto la pelle pallida, quando la testa mi si fa pesante. Non posso andare oltre.
Perché se andassi oltre, precipiterei nel vuoto. Mi lascerei cadere da un parapetto al sesto piano, senza nemmeno accorgermene, come ho sempre fatto nei miei sogni. La curiosità di vedere il tuo volto cambiare espressione ad ogni mia parola mi alletta, ma poi mi schianterei. Sì, perché nei sogni si può volare. Nei sogni posso gettarmi dal balcone senza farmi male. Nella realtà, invece, un’azione è definitiva. E non sono pronta, non ancora, non lo so.
Se davvero vuoi sapere, se davvero vuoi capire, guardami. Osserva ciò che faccio, osserva ciò che vedo, e piano piano saprai decifrare le parole che mi muoiono in fondo alla gola, quelle che vorrei dire ma non riesco a cacciare fuori dalle labbra. Mi sentiresti prendere fiato per parlare senza nessuna conseguenza, mi vedresti incupirmi ad una tua innocua battuta.
Ma in fondo, chi ha tempo per queste cose? Non perderti dietro a me, che sono solo un gomitolo di idee e pensieri confusi, raffazzonati insieme come le linee di un disegno sbavato, scoloriti, persi all’orizzonte come le nuvole al tramonto. Non lo so nemmeno io.
Volevi che parlassi? Dammi tempo. Dammi tregua. Dammi fiducia. Forse non lo farò mai, forse invece mi sbloccherò d’improvviso. Mi piacerebbe sai, lasciarmi andare, pentirmene, piangere, vivere. Con la consapevolezza di avercela fatta, per quanto dolore mi provochi. Con la consapevolezza di aver messo sul grande tavolo della vita le mie carte scoperte, i miei sbagli, i problemi che non ammetto mai di avere, le debolezze che nascondo con le mie risate.
In fondo voglio solo amare, fare del bene. Non voglio macchiare di tristezza tutte le cose belle del mondo, tutte le persone buone attorno a me, tutto quanto. Non ce n’è bisogno.
Se vuoi che parli, posso raccontarti come è andata la mia giornata. Possiamo iniziare da qui.