Perderla

Mi sta di fronte con le braccia conserte: i suoi grandi occhi color nocciola mi bucano l’anima e sembrano scrutarne ogni segreto. Non parla: mi osserva e basta. In silenzio, il suo volto pronuncia parole d’astio e il suo sguardo magnetico mi scuote violentemente dall’interno.

Non riesco a pensare a nulla. Questo buio ci avvolge quatto quatto senza farsi notare e mi pare l’unica cosa che, in questo momento, non vuole rimproverarmi. Lei mi fissa, con quei suoi occhi grandi, dalla tinta profonda, e so che vorrebbe dirmi amare parole. Forse ha paura anche lei?

Accettare la verità non è mai stato il nostro forte. Non lo è stato quando lei stava male e sarebbe dovuta allontanarsi, non lo è stato quando io l’ho delusa più e più volte, non lo è stato nemmeno quando abbiamo smesso di parlarci per settimane. Non ci piaceva la negatività, eppure non riuscivamo a separarcene. Allora ci rincorrevamo in cerchio, come un gatto e un topo che alla fine però non sono neanche nemici.

Mentre spero di riuscire a rubarle qualche parola da quelle labbra serrate, il suo sguardo si inasprisce, le sue sopracciglia si inclinano e i suoi occhi diventano lucidi. So cosa sta per succedere. So che quella sofferenza che usa per costruire altissimi muri, prima o poi esplode e distrugge ogni cosa. Anche lei stessa.

Mi ricordo la nostra prima litigata, è stata uguale: il suo viso ha cambiato espressione all’improvviso, e quel buio che si portava dentro si è tramutato in uno spesso velo di rabbia, a cui sono seguiti un fiume di lacrime e una raffica di parole asprissime, scagliate dalle labbra pallide. Non sono mai riuscito ad aiutarla, mai davvero. La sminuivo, le dicevo che il suo dispiacere non aveva tutto quel peso, ma la verità era che non volevo ammettere i miei errori. E lei li vedeva tutti.

Ora mi guarda, con la fronte corrugata, e una lacrima le riga una guancia, seguita da una seconda e una terza. Il suo viso è una pozza di delusione ma lei ancora non parla. Tira su col naso. Mi osserva. Aspetta che io dica qualcosa, ma sa perfettamente che di fronte al suo dolore non riesco ad aprir bocca. Allora mi avvicino e provo a sfiorarle un braccio, nel muto intento di comunicare il mio dispiacere. Lei mi respinge, fa un passo indietro. Sento i nostri cuori allontanarsi, ora più che mai, e qualcosa dentro di me si smuove. Ci riprovo e muovo un altro passo in avanti, la raggiungo nuovamente e questa volta le afferro le braccia che ha tenuto conserte tutto questo tempo. “No” mi dico, e gliele separo, le stringo le mani. Vorrei dirle qualcosa che le faccia capire cosa provo, la frase perfetta che cancelli i miei errori e la sua sofferenza, che ci faccia venire il coraggio di ricominciare. Sto muto, però, e non riesco neanche a chiederle scusa.

Lei mi guarda, e altre grosse lacrime le bagnano il volto. Stringe le sue mani dentro le mie, magari provando ad infondermi quella capacità comunicativa che mi è sempre mancata. Sento il suo sforzo, sento che in fondo in fondo non vuole cacciarmi dalla sua vita, anche se forse le converrebbe. Io non riesco a vederla così, sapendo che sono io la causa di quella sofferenza.

Mi guarda, aspetta. Un’attesa che mi pare durare ore. Vorrei abbracciarla: forse così riuscirei a dirle qualcosa. Forse così le dimostrerei che sono umano, uno stupido e un incapace, certo, ma che la amo. Però lei non può parlare per me e nemmeno io posso parlare per me. I miei pensieri resteranno per sempre prigionieri di un corpo che non sa esprimerli. E intanto lei piange.

Poco a poco molla la presa, ci rinuncia. Le sue piccole mani gelate sgusciano via dai miei palmi e quella fioca luce di speranza che le era apparsa negli occhi svanisce in un sospiro. Sperava parlassi. L’ho delusa, di nuovo. Il suo sguardo torna a scrutarmi l’anima in cerca di una risposta, facendosi strada nel foro che mi ha fatto in petto con quelle pupille affilate. Scuote la testa. Si è stancata, già da troppo tempo. Io non ho mai avuto il coraggio di ammettere i miei errori, di parlare di quello che provassi, di consolarla.

Sulla punta della mia lingua, premuta sul mio palato, mi accavallano numerose frasi. Sono tutte quelle che non le ho mai detto, ma che si meritava di sentire. “Non voglio più farti del male, devi essere libera.” le avrei voluto dire, ogni volta che il nostro rapporto traballava sul filo del rasoio. La guardavo piangere in silenzio mentre attendeva che io dicessi qualcosa, ma non riuscivo a parlare. Nonostante soffrisse, lei mi sopportava, sopportava tutto quel male e non ha mai rinunciato a me. Non ho mai voluto ferirla, ma non sono bravo con queste cose. Non sono bravo con le persone, non sono stato bravo con lei.

Io non posso andare avanti così. Non voglio passare le giornate a guardarla cadere in pezzi a causa mia, senza riuscire a tendere una mano. Non se lo merita. Eppure lei mi ama e non vuole cacciarmi, mai del tutto. Torna sempre da me, ed io da lei. Soffriamo entrambi. Non va bene. Lei si merita l’amore, le parole che io non le ho mai detto e i discorsi che non le ho mai fatto. Nella mia testa, l’ho aiutata tutte le volte. Nella sua, l’ho sempre abbandonata nel suo pozzo di delusione. Nella realtà, siamo troppo distanti. Non ci capiamo, non comunichiamo.

Ecco, lo vedo. I suoi occhi si velano. Il suo sguardo cade stremato sulla punta dei suoi piedi, come ci si butta sul divano dopo una giornata difficile. Affonda nel terreno. Scompare ogni emozione, ogni tentativo di comunicazione. A testa bassa, fa un altro passo indietro. Le mie mani non possono più raggiungerla. “Era la tua ultima possibilità.” dice sottovoce, con le braccia abbandonate lungo i fianchi, stanche.

Non alza la testa, non mi guarda neanche. Io la amo. Non voglio lasciarla andare. Ma lei con me è un uccello in gabbia, che col tempo ha perso il desiderio di volare. Devo lasciarla libera, o morirà.

Ancora non le rispondo. Sento le mie guance andare a fuoco. Parla, stupido.

Lei si gira, mi volta le spalle come ha fatto numerose volte, ma so che questa è l’ultima volta che la vedrò. La amo, ma le faccio solo del male. Non so aiutare gli altri, non so parlare. Sono inadatto all’amore.

La guardo camminare e allontanarsi da me. Non le ho neanche chiesto scusa. Non le ho asciugato le lacrime, non le ho accarezzato il viso. La guardo sparire, per sempre.

Ti amerò per tutta la vita. Ora vola, sei libera.

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