Solo di passaggio

Stasera c’è la luna piena e per le strade si muovono veloci gruppi di persone vestite a festa, con gli abiti stirati e le scarpe costose, con le giacche ricamate e le camicie di seta. Questa zona non è la meta di tutti loro, ma è solo un punto di passaggio: per queste vie strette, infatti, si cammina velocemente tenendo gli occhi bene aperti e si abbassa la musica negli auricolari per stare attenti a chi passa di là, accelerando il passo verso il luogo di ritrovo del sabato sera.

Io cammino come tutti gli altri, se non fosse che un po’ mi trascino dietro le scarpe sfondate e mi sistemo lo zaino su una spalla ad ogni manciata di metri, ma anche io qui sono solo di passaggio. Questi vicoli sembrano un porto di paese, dove c’è un gran via vai ma nessuno resta mai. Poi guardo le facciate di queste case basse e mi perdo nei loro colori sgargianti: come possono essere così belle in questa zona? C’è forse qualcos’altro, oltre al timore di incappare in un pericolo?

Osservo una ragazza dall’altro lato della strada, che cammina avanti e indietro sul marciapiede di fronte ad un locale. Poco distante da lei, c’è una lunga fila di ragazzi in ghingheri pronti ad entrare in un posto dall’aspetto intrigante, con un grande ingresso ad arco e luci colorate che ballano al suo interno. Dunque anche qui c’è vita, ci sono feste e avventure. Sono forse io, arsa da una preoccupazione non necessaria? La ragazza cammina avanti e indietro, avvolta da abiti che non rispecchiano quelli dei coetanei in attesa, e non sembra preoccuparsi di nulla. Forse anche lei è solo di passaggio, come me, o aspetta qualcuno?

Le do un ultimo sguardo e proseguo il mio percorso, percependo uno strano brivido percorrermi un intero braccio. Nonostante tutto, mi è inevitabile non pensarci: lei è là, da sola. Vicina ad altre persone, ma da sola. Basterebbe un attimo. Io dal canto mio accelero il passo, sentendomi minacciata dalla mia stessa solitudine in quei passi goffi che lascio sull’asfalto crepato del vecchio marciapiede. Mi faccio guidare dall’inquietudine e mi muovo velocemente, spostando gli occhi dal pavimento ai portoni, dalle finestre ai balconi, dai miei stessi piedi ai semafori. Poi cerco nelle lastre bianche appese agli angoli delle vie il nome di quella dove si trova la mia destinazione, socchiudendo gli occhi per leggerci da lontano.

Dopo aver attraversato un incrocio, ritrovo poco distante da me un paio di occhi che avevo già incrociato, pochi minuti prima. Sono scuri, a metà tra un’espressione di curiosità e una di malvagità. Vi scorgo anche un po’ di prepotenza. Sono gli occhi di un uomo, un individuo che potrebbe essere mio padre, eppure mi squadra dalla testa ai piedi. L’avevo già incontrato e superato, tuttavia ora me lo ritrovo pochi metri davanti a me. Io cammino lenta, nel tentativo di distanziarlo il più possibile e recuperare la mia calma. Lui però fa la stessa cosa, imitando la mia andatura, e si gira ad ogni manciata di passi per guardarmi, mentre la sua bocca si inclina in un sorriso malizioso. Tutto ciò che mi circondava fino a pochi secondi fa, sparisce. C’è solo un buio pesto, accompagnato da quel viso distorto dalla cattiveria. I suoi occhi addosso mi imprigionano in una bolla d’ansia, densa, che mi si infila in ogni poro e mi impasta vene e capillari di cemento, immobilizzando i miei passi sull’asfalto.

Io però non voglio dargliela vinta. Io non sono un oggetto esposto in vetrina, né un paio di scarpe costose all’interno di un atelier, né tanto meno una foto su una rivista per uomini. Io sono un essere umano e in quanto tale provo emozioni. Allora anche io lo guardo dritto negli occhi, seguendo ogni suo movimento. Non abbasso lo sguardo, non abbasso gli occhi come faceva mia nonna di fronte alle urla di suo padre, no. Io gli tengo testa, mentre nei miei pugni chiusi esplode un calore fortissimo, simile ad una spinta ad agire per prima.

Così ho i miei occhi dentro i suoi, scagliati come frecce contro un tronco. Mi faccio strada nelle sue pupille sottili e cerco di mantenere la calma. La luna piena mi illumina dalla testa ai piedi, e io stringo forte in una mano la catena che uso come cintura. Il mio cervello sta già pensando alle chiavi di casa nella tasca dello zaino e sta programmando i secondi che ci vorrebbero per tirarle fuori ed impugnarle. Nello stesso momento, i miei passi si fanno spediti e mi portano al suo fianco. Mi impegno per tenere lo sguardo sul suo viso di bestia, su quell’espressione furba di chi crede che possa fare tutto, che ogni cosa gli sia concessa, anzi, dovuta. Impiego ogni energia ed ogni goccia di sangue freddo per ripagare quell’uomo con la sua stessa moneta, per farlo sentire almeno la metà in soggezione di quanto mi sento io. “Non avere paura” sussurro tra me e me, mentre cerco di non maledire il mondo per avermi fatta nascere donna.

Infine lui distoglie lo sguardo. Sorride un’ultima volta, forse addirittura compiaciuto dalla mia reazione decisa. Poi si volta, guarda a destra e sinistra ed infine attraversa la strada, spostandosi sull’altro marciapiede.

Respiro. La mia mano stretta attorno alla cintura molla la presa, rivelando un palmo bianco latte per lo sforzo. Respiro. Improvvisamente riappaiono le case, le insegne dei negozi, le finestre, le strisce pedonali. Respiro. Sono solo di passaggio, qui. Presto sarò arrivata, e andrà tutto bene.

Attraverso un’ultima volta la strada e mi ritrovo sotto il numero civico verso cui mi stavo dirigendo. Mi abbandono a un profondo sospiro, così forte da sentirmi soffocare. Osservo il grosso portone scuro di fronte a me e percepisco sciogliersi un gigantesco iceberg di preoccupazione all’interno del mio cuore. La paura resta, però, annidata in un angolo della mia mente, nascosta in quel punto che mi fa tremare quando cammino da sola in città la sera.

Basta un attimo, anche se sono solo di passaggio. Non importa dove vado, ma come ci arrivo. Non importa cosa provo, ma come appaio. Non importa cosa penso, ma cosa suscito negli sguardi altrui. Non importano la mia storia né il mio nome, ma ciò che il destino mi ha posto tra le gambe.

Anche se sono solo di passaggio.

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