Le mie palpebre finalmente combaciano e s’abbracciano.
Faccio un enorme sospiro gonfiando il petto.
Mi passo le mani sugli occhi, trascinando i polpastrelli dall’interno fino alle tempie.
Poi le lancio all’esterno, come ancore legate alle mie braccia, gettate in aria.
Abbraccio il vuoto.
Quanto mi mancava.
L’aria che respiro mi pare più leggera.
Mi sento una piuma che vola nel vento primaverile.
Vorrei adagiarmi su di un balcone, abbracciare il capo di chi s’è annodato in un cruccio.
Casa, casa mia.
Mi sei mancata.
Non posso credere di essere qui, finalmente.
Quanti anni sono passati?
Schiudo le palpebre: luce.
Mi ricordo che m’appoggiavo sempre a questa finestra.
Abbandonavo i gomiti sul davanzale grigio e osservavo il mondo.
Le giornate di pioggia mi facevano sognare.
Mi strofino un occhio.
Non è stanchezza: è commozione.
So ancora quali assi di questo vecchio parquet scricchiolano.
Ah, rientrare a tarda ora, fare lo slalom su quelle buone fino a camera mia.
E questo tappeto è sempre stato intoccabile, invece.
Niente scarpe, niente calze.
Soltanto molta attenzione, e l’immancabile rispetto.
Quanti pianti e quanti sorrisi su questo divano.
Mi domandavo sempre quanti anni avesse.
Troppi, troppi da concepire per una bimba così piccola.
Ci sono ancora i miei disegni, attaccati sotto questo quadro.
Poco più sotto, il punto in cui ho grattato via la vernice.
Che testata, la sento ancora dentro al cranio.
In questo momento, è come se fossi raffreddata.
Vorrei soffiarmi il naso.
Mi bruciano gli occhi.
Come faccio a non piangere guardando queste scale?
Le stesse su cui rincorrevo quel batuffolo peloso del mio cane.
Il mio migliore amico. Mio fratello.
Ed eccole qui, le sue foto con noi in spiaggia, in montagna.
Quanto mi manchi, amico mio.
Quanto ti ho pianto, fratello mio.
Mi sfugge una lacrima.
Grossa, piena, fa la sua precipitosa caduta lungo il mio zigomo destro.
Che amarezza: mi sembra di poterla toccare.
Qui trovai la felicità assoluta, eppure ora piango.
Eppure il mio cuore singhiozza, in questa stanza.
Se chiudo gli occhi forse…
Non tornerò più indietro.
Né il tempo mi riporterà quei dolci momenti che colorano queste pareti.
Sospiro ancora, gonfiando maggiormente il petto.
Davanti a me: la mia amata finestra.
Mi sei mancata, amica mia.
Tu e i tuoi vetri appannati, graffiati e macchiati d’acquazzoni passati.
Chissà se guardandoci ora, vedrò un mondo diverso.
Ma non voglio saperlo.
Che magari quel che vedevo non esiste.
Non voglio dimenticare quella vista, quelle sensazioni.
Quella luce chiara che si stiracchiava oltre la montagna, laggiù.
Quel bagliore vivo che m’abbracciava il volto col suo calore.
Questa casa non è differente.
Questo luogo è il sole, la stella cometa a cui affidarsi.
Brilla, anche se al buio della sua vecchiaia.
Brilla perché chi sta dentro ne respira la vita.
Sospiro.
Sorrido un poco.
Mi asciugo una lacrima col dorso della mano.
Mi viene da ridere, tra un singhiozzo e l’altro.
Forse ero io a brillare, qui.
Brillavo di gioia.