La stanza è immersa nel silenzio mentre il giorno piano piano s’accascia lungo l’orizzonte, colorandolo di rosso. Fa caldo, Dio se fa caldo. Sento mille goccioline salate scorrermi lungo la schiena, il viso ed il collo, seguite da un brivido che percorre la stessa loro strada al contrario. Fa troppo caldo anche solo per abbracciarsi.
Stasera però sono triste. Quella tristezza che da tempo non veniva più in visita, è tornata a bussare alla mia mente e vi è entrata, ritrovandosi così a discutere con i miei pensieri seduta ad un tavolino.
Io non posso fare nulla quando succede. Sono succube di questa muta sofferenza che nasce all’improvviso, che non ha motivo d’essere qui. Posso solo ascoltarla ed abbandonarmi ad un turbinio di sensazioni negative. Poi mi chiedo se nasconda un significato segreto, mentre cerco di dare un senso a tutto questo. Ma un senso forse non ce l’ha ed io, comunque, di risposte non ne ho.
So soltanto che ora non è solo il caldo a togliermi il respiro, ma anche questa situazione.
Sto in silenzio. Sto in silenzio in attesa di una parola, un gesto, qualcosa che possa evitarmi di sprofondare in questa densa ed appiccicosa solitudine.
Ma invece niente. Poco a poco tutto s’inasprisce, marcisce in fondo al mio cuore, assieme alle mie speranze. Mi sento sola. Il mondo attorno a me sembra aver smesso di esistere, gli oggetti hanno perso i loro contorni e gli occhi miei si bagnano, inevitabilmente, di nascosto.
Che imbarazzo. Non per me, però. Io sto qui, inerme di fronte al mio stesso dolore e in attesa di quella luce che è sempre riuscita a togliermi il buio di dosso, che non mi ha mai abbandonata.
Ora però, mi sento più sola che mai. Aspetto ancora una parola. Niente. Inizio a sentire la voce flebile del buio bisbigliare che non mi aiuterà mai nessuno. Io però ho ancora la fiducia dalla mia parte che, pur in difficoltà, mi consiglia di aspettare, appoggiandomi una mano sulla spalla. Prima o poi, accadrà qualcosa.
Allora aspetto. Intanto il caldo si fa ancora più opprimente. O sono io che mi scaldo? È forse rabbia, questa? Voglio andare via. Voglio alzarmi, uscire da qui e sbattermi la porta alle spalle.
La fiducia prova a tenermi per un braccio, gridandomi ed implorandomi di non rinunciarci. Qualcuno prima di me, però, ha già gettato la spugna e ha scelto di non porgermi una mano.
Dunque io rinuncio alla fiducia, a quel briciolo di speranza nel sentire le parole di cui ho così tanto bisogno. La rabbia sta ora al mio fianco, aggrappata alle mie carni, incredula di avermi vista aspettare così a lungo per qualcosa che, alla fine, non è accaduto.
Mi alzo, con un enorme sforzo. Ho i nervi tesi e bollenti. Mi asciugo le lacrime dal viso ed inizio, in silenzio, a prepararmi. Mentre mi rivesto, un grande silenzio mi cala nel cuore. Mi ruba ogni parola. Ora sono io quella che non ha nulla da dire. La rabbia mi ha strappato la lingua e forse è meglio così, perché temo ciò che potrebbe sfuggire alle mie labbra. I miei pensieri sono già abbastanza amari.
Mi preparo lentamente, attendendo per l’ultima volta di udire una parola. Nulla. Il silenzio che avvolgeva la stanza è lo stesso adesso, e mi pesa il doppio di prima. Mi sento invisibile, ora più che mai.
La rabbia monta ancora di più, serrandomi la bocca, spezzando i ponti che ci univano, che parevano tanto forti e solidi. Non sono più io.
Ho perso fiducia, speranza e sicurezza. La tristezza mi lacera il ventre e mi incendia gli occhi.
Non una parola.
Sono pronta, ormai. Il tempo è esaurito, ora, e la mia serenità con lui. Sono così abbattuta che non mi pare vero. Ora mi sveglio, giusto? Ora finisce tutto.
Mi incammino verso l’uscita e l’attraverso, mi lascio la porta alle spalle. Tutto è diverso, tutto stasera è cambiato.
Ho visto una nuova realtà, che forse prima l’euforia celava ai miei occhi.
Un vuoto si è riaperto nel profondo del mio cuore. Come lo chiuderò, adesso?