Gli esclusi

Ogni giorno guardo fuori dalla mia finestra e vedo un ragazzino giocare a pallone da solo. Sta ore, ore ed ore davanti ad un muro, lanciandogli contro quella palla nera e verde che sembra essere la sua unica amica. Ci gioca talmente tanto che il muro, giorno dopo giorno, perde il suo intonaco bianco in piccole macchie scrostate.

Lo guardo e penso a chi non ha un amico. A tutti coloro che la società reclude in un angolo, a tutti quelli che perdono la propria identità dietro ad un’etichetta ed a chi ha perso la parola per tutte quelle che ha sentito.

Il mondo è crudele.

Sto dunque alla finestra e quel ragazzino, con quel suo moto perpetuo di calcio e rimbalzo contro il muro, mi sembra solo. Non solo perché sia fisicamente solo, ma anche perché vedo in quel passatempo una grande amarezza. Ovunque qui in zona ci sono parchi, cortili, oratori e campi da calcio e basket, pieni di ragazzini come lui, con gli stessi interessi magari, ma lui sta lì, con quella palla nera e verde ed il muro rovinato. Quale sarà la sua storia?

Ricordo, qualche anno fa, che passavo sempre gli intervalli con una ragazza con cui nessuno parlava, al di fuori di me. Ricordo il suo silenzio ed il suo imbarazzo ad aprir bocca, perché chissà quante volte l’avevano zittita bruscamente. Forse non solo i suoi compagni l’avevano ferita, ma anche la sua famiglia, che non l’aveva mai capita. Mi diceva sempre: “Sai, sei la sola che non mi abbia mai giudicata” ed io, ogni volta che mi ripeteva queste parole, faticavo a trovare un difetto in lei. Cosa c’era di sbagliato? la sua timidezza? Non è possibile.

Ricordo quel mio amico sovrappeso che mai si sarebbe tolto la maglietta al mare. Si vergognava di ogni parte del suo corpo, anche dei suoi occhi chiari che io ho sempre apprezzato. Ricordo che, ogni volta che si stiracchiava, con una mano si tirava la maglia sotto la vita, per evitare che si intravedesse anche solo un filo di carne. Io stessa, che mai mi sono piaciuta, non capivo quella vergogna. Perché quello era il suo corpo, e non una punizione del cielo. Avrebbe potuto cambiare in ogni momento, non per evitare che gli piovessero addosso sguardi giudiziosi e commenti, ma per stare bene con sé stesso, perché come si fa a vivere senza volersi bene?

Ricordo quel ragazzo alto e slanciato che indossava sempre vestiti bellissimi, con fantasie originali e colori sgargianti. Lo notavo sempre perché spiccava tra tutti quei volti grigi della città, e mi metteva gioia solo guardarlo. Era diverso, e io non potevo che stimarlo. Gli altri però, lo avevano da tempo etichettato, ed alcune etichette non te le togli più per tutta la vita. Iniziarono gli insulti, i fischi per strada ed i messaggi offensivi, ma lui non smise mai di fare quello che lo faceva star bene. Qualche anno dopo, poi, mentre si teneva per mano con un ragazzo, un ennesimo commento giunse al suo orecchio. Me lo ricordo come fosse ieri: lui si girò, guardò quel cretino dritto negli occhi e diede un lungo bacio al suo compagno. La vittoria più bella di tutte.

Ricordo quella ragazza che veniva presa in giro per i suoi nei sporgenti. Che cosa stupida vero? Lei pensava lo stesso. Non si è mai curata di quelle persone che sghignazzavano sotto i baffi ogni volta che lei vi passava di fronte, non le è mai importato dell’opinione degli altri. La sua pelle era sua, e nessuno doveva curarsene. Che fastidio potevano dare i suoi nei a tutta quella gente? Sono passati anni, ed ora quel suo sorriso è sui cartelloni pubblicitari e, guarda caso, è famosa proprio per quei nei.

Quel ragazzino che gioca da solo di fronte a quel muro scrostato avrebbe bisogno di un’ispirazione. Avrebbe bisogno di quel qualcuno che gli faccia capire che non è solo, né diverso, che su 7 miliardi di persone ce ne sono a miriadi come lui, in difficoltà, confusi. Quel ragazzino non sa che può prendere la propria vita tra le mani e farne ciò che vuole.

Allora mi dico: c’è bisogno di persone che combattano al fianco di chi soffre. C’è bisogno di tendere una, due, tre mani verso gli inetti, verso coloro che la società esclude, per un motivo o per l’altro. C’è bisogno di qualcuno che insegni loro il coraggio di amarsi. Perché ci vuole coraggio per amarci con tutti i nostri difetti.

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