Il paese

La via è quasi deserta

ma alcuni sono seduti

di fronte al bar

con un bicchiere di bianco

sotto l’orologio

che segna le 11 di mattina,

a parlare dei bei tempi

ormai andati, ormai finiti.

Dai balconi pendono

lenzuoli e vestiti

ed ondeggiano al vento

che lentamente rinfresca

il paese intero.

Per pranzo sono tutti a casa:

in pochi stanno fuori,

in tanti condividono

un pasto in convivialità,

come un tempo,

come se non fosse mai

cambiato nulla da anni.

Inizia poi il pomeriggio

e d’estate i ragazzi

si ritrovano in piazza

o al parco polveroso

dove da bambini

giocavano e imparavano

il valore dell’amicizia.

Ora però gli anni

li hanno resi

uomini e donne,

ognuno con i propri gusti,

i propri vizi e sbagli.

Le giornate al paese

durano tanto:

la noia a volte

si fa sentire

fino al punto

da togliere la parola.

Poi è una sigaretta

e una birra al bar,

una partita a carte

e qualche canzone,

nulla di più

alla luce del giorno.

Alcuni non si salutano più,

altri si riscoprono dopo anni,

superando i problemi che la vita

ha scagliato contro di loro.

I bambini sono cresciuti

in un paese così piccolo

e sono diventati così grandi,

agli occhi dei signori

che stanno seduti

allo stesso tavolino

da quando erano giovani

e vedono il tempo scorrere

e le persone passeggiare

sempre lungo la stessa via.

Le insegne dei negozi

vengono cambiate o rimosse,

i bar cambiano gestione

o restano uguali per decenni,

il parco resta lo stesso

e alcuni giochi

spariscono con le intemperie

o vengono rovinati

dalla noia più nera.

Le nonne adesso

non si raccomandano più

e non aspettano sveglie

i nipoti ormai ventenni.

Le notti si allungano

e i ragazzi passeggiano

senza meta alcuna,

solo con la voglia di vivere

e trovare qualcosa da fare,

qualcosa che smuova l’aria

ormai paralizzata.

Così è anche il paese,

paralizzato,

ma è l’estate a svegliarlo

dal suo torpore invernale

e riempirlo di giovani anime

che qui ci sono cresciute

e si sono mescolate a chi

invece ci vive tutto l’anno.

Alcuni non vengono più,

perché la vita ha tolto loro

il tempo libero

e forse anche la voglia

di vivere alla giornata

e quella magia

di divertirsi con poco.

Ora chi è rimasto

ricorda le estati passate

e ripete le frasi di chi

è invece solo un ricordo,

guarda al passato

con nostalgia

e un po’ si sente

come quel signore al bar

che ripeteva sempre

“Beata giovinezza”

ad ogni ragazzo

che passava di lì.

Il paese rende tutti uguali:

tutti piccoli e semplici,

che trovano valore nel silenzio,

fortuna in un pugno di amici,

unicità nella pace.

Chissà se un domani

altri ragazzini correranno

per il paese,

parlando a voce alta,

senza curarsi di chi vuole dormire,

senza preoccuparsi del futuro,

per poi ritrovarsi catapultati

sulla soglia dei vent’anni

a domandarsi

“Perché il tempo scappa via?”.

Un domani sarò io,

magari,

la signora seduta al bar

a parlare con le amiche

e a guardare i ragazzini

che girano in grandi gruppi

e si fermano a salutare

tutti i parenti sparsi per il paese

e si nascondono

per fumare una sigaretta

ripetendosi “Smetterò”.

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