Vetro e cielo

Guardo fuori attraverso il vetro al mio fianco. Come fosse una finestra su un mondo nuovo, questo finestrino macchiato dagli anni e sovrastato di firme e graffi mi separa dalla città, che scorre veloce davanti ai miei occhi.

Tutto sembra prendere vita e fondersi in un unico elemento, durante questo lungo viaggio: le case, i palazzi, le finestre e i balconi, i negozi, la gente e le strade. Sopra tutto, troneggia un soffitto dipinto di azzurro: un mare sospeso sopra i nostri capi, chinati su un cellulare.

Osservo le case, basse e antiche, con i cornicioni decorati e i grandi portoni: alcune mi ricordano quella di mia nonna e la strada lunghissima che dovevo percorrere ogni volta per arrivare a destinazione. Prendevo la metro, cambiavo da una linea all’altra e poi tantissime fermate mi scorrevano affianco come le pagine del libro che leggevo per far passare il tempo mi scorrevano tra le mani. Ogni volta pensavo a quanto fosse triste percorrere tutta quella strada sottoterra. Ora invece, per fortuna, vedo ogni cosa. I palazzi che scorgo da qui, alti e moderni, accattivanti nelle forme e nei colori, sono posti quasi a voler spezzare lo sguardo tra passato e presente. Sposto gli occhi e mi incanto a guardare le finestre e i balconi, piccoli, grandi, spogli o riccamente decorati di rilievi e disegni, con le piante stanche che pendono verso il suolo, con i panni appesi ad asciugare al sole e al vento. Poi ci sono negozi in ogni dove, brulicanti di persone, illuminati dalle insegne sgargianti che brillano sopra le vetrine invitanti e ricoperte di lettere adesive. Quanta gente che cammina in direzioni opposte, si scontra, si evita, si amalgama come gli ingredienti di una ricetta. Pongo infine il mio sguardo sulle strade, affollate e trafficate oppure nostalgicamente deserte e quasi nascoste all’occhio. Me le immagino percorrere tutta la città, passando per le piazze e trasformandosi in viali oppure stringendosi in piccoli vicoletti, e mi affascina pensare dove siano dirette, fin dove si possano spingere prima di incontrare la campagna.

Attraverso questo vetro opaco e provato dal tempo, vedo il cielo e la città sotto di esso: il mondo in cui vivo da anni. Con la testa indietro appoggiata allo schienale, ecco che i miei occhi si colmano di azzurro: mi sento improvvisamente calma, riposata, e sorrido pensando a quanto mi piacerebbe vivere questi istanti come se fossero i miei ultimi sulla terra. Nonostante il freddo gelido fuori crei una spessa condensa sul vetro, questo cielo mi ricorda la calma estiva. Sento l’amore per la mia città infuocarmi il cuore, tanto che ho quasi caldo. Mi sfilo il cappotto.

Mi culla il rumore del tram, lo stridio dei binari, fino ad invogliarmi a chiudere gli occhi. Ma come potrei perdermi uno spettacolo tale? Come quando non si dorme per vedere l’alba, per amarsi, per amare.

Sospiro e mi sento stretta al caldo da tutto questo, mi dico che è l’unico posto per me. Magari lo è davvero. Vorrei abbracciarne l’anima secolare, ma mi limito a cercare nei rumori che mi circondano il battito del suo cuore. Il mio invece, attraverso questo vetro, parte alla ricerca di una dolce pausa da tutto ciò che mi scombussola, sognando di poter scovare la capacità di fermare il tempo.

Il tram prosegue la sua passeggiata: le persone salgono e scendono, i posti si riempiono, si svuotano e tornano occupati in poco tempo. Questo sedile è diventato la panchina da cui potrei raccontare la mia storia ad uno sconosciuto, ma senza cioccolatini sulle gambe, che è da un po’ che mi manca l’appetito. La città affacciata dietro questo vetro ghiacciato si muove, muta nelle forme e nei colori, ma resta bellissima. La guardo e capisco che cambiare non è brutto, che la diversità non è negativa.

Fermata dopo fermata, il tempo scorre e io tengo i miei occhi sul cielo, con la testa abbandonata sullo schienale, con le mani incrociate in grembo e gli auricolari nelle orecchie. Il mio zaino appoggiato a terra è pieno della mia vita, delle cose che mi rendono chi sono, di me. Mi viene spontaneo sorridere, mentre tengo le gambe allungate sotto al sedile davanti al mio. Potrei restare qui per sempre e fondermi alla corsa del tram che percorre la città da un capo all’altro.

In un battito di ciglia passo dal trambusto delle persone alla calma del silenzio, il mio silenzio, dedicato ai palazzi, ai negozi, alle finestre e ai balconi, alle strade, alla gente. La mia gente. Che come me vive in una perla, in uno zaffiro che in pochi si accorgono di possedere.

Il tempo avanza, come il mondo dietro questo vetro, rovinato dal tempo e dalle persone, e un po’ mi ci riconosco.

Questo cielo azzurro sembra una secchiata di speranza e di pace, un invito ad osservare ciò che sta sopra la mia fronte.

Chiudo gli occhi e così fotografo per sempre la vista della città che amo, ogni suo monumento ed ogni sua piazza, ogni suo singolo particolare.

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