Chicco

Se chiudo gli occhi vedo ricordi dalla bellezza mozzafiato. Un giro in bicicletta, una piccola lucertola, un abbraccio che lava via ogni affanno. Passano gli anni, ma alcune scene restano ospiti del mio cuore e mi parlano, mi sussurrano un nome. Disegnano un volto che dai ricordi esce in fretta e diventa realtà affianco a me, ogni giorno.

Con la sua mano appoggiata al mio sellino, mi sentivo al sicuro. Tutte le mie paure, in quel preciso istante, erano scomparse: esisteva solo la strada di fronte a me e un grande obbiettivo da raggiungere. “Fidati di me” mi disse, e mi diede una piccola pacca per donarmi il giusto coraggio. Nulla di brutto sarebbe potuto accadere, a patto che lì al mio fianco ci fosse lui. Feci un grande respiro e iniziai a pedalare, mentre mio padre mi seguiva correndo con la mano appoggiata al sellino dietro di me. Ripeteva frasi di incoraggiamento mentre le mie gambette un po’ goffe ed insicure affondavano con forza nel movimento ciclico dei pedali. Una volta arrivata alla fine della strada, frenai e mi girai per vedere la sua espressione e per chiedergli un parere, ma invece lo vidi in piedi appena dopo il punto da cui ero partita poco prima. La sua mano non era sul mio sellino, ma cadeva lungo il suo fianco, come l’altra. Allora subito lo fulminai con gli occhi, incredula: come aveva potuto lasciarmi sola? Subito dopo però realizzai di avercela fatta, finalmente. Ce l’avevo fatta! Era come se la sua mano e la sicurezza che mi dava si fossero fuse a me.

Eravamo tutti riuniti all’ombra del gazebo, in una torrida estate dall’erba verde e alta, ancora da tagliare, ma così rigogliosa che quasi dispiaceva farlo. C’erano quattro occhi curiosi puntati su una grande mano, dalle dita magre e lunghe, abbronzate dal sole caldo di montagna. Stesa sulla pelle morbida del suo palmo pallido, stava una piccola lucertola verde, a pancia in su. “State a vedere” ci disse mio padre, e i nostri occhi già sgranati si avvicinarono ancora di più a quel piccolo animale. Con un dito, dolcemente, iniziò a massaggiarle la pancia. “Guardate come si addormenta” sussurrò. Con nostra grande sorpresa, aveva ragione: la lucertola chiuse gli occhietti. Non appena lo fece, io mi emozionai e presi a battere istericamente le manine, saltando sulle mie piccole gambine. Mio padre però, rispetta ogni creatura e non si crede migliore di nessuno: così la lasciò subito andare, adagiandola tra i fili d’erba umidi dove sparì in pochi istanti. Osservai quel gesto così dolce e gentile, e nulla mi parve più chiaro: “questo dev’essere un uomo dalla grande saggezza e umanità, voglio essere come lui” pensai.

Così stasera alcuni ricordi illuminano col loro bagliore la stanza buia, mentre un nome mi rimbalza nella testa e un sorriso mi spunta sulle labbra. Lo stesso sorriso che, tra l’altro, tutti dicono che abbiamo uguale. Quanta dolcezza mi riempie il cuore, a pensare ai bei gesti che faceva e a ciò che mi insegnava, all’amore, a quella stima senza tempo che nutro nei suoi confronti.

Spesso non sembro riconoscente, alzo la voce e finisco col rendermi detestabile, ma questi ricordi sono aggrappati a me con tutte le loro e le mie forze, e non se ne andranno mai. E mai li eliminerei, se potessi. Tutto mi parla di un uomo dal grande cuore, che mi teneva sulle spalle fino a che mi addormentavo e ciondolavo sulla sua testa e sul suo povero collo indolenzito. Non dimentico le ramanzine, certo, ma ora sono solo episodi divertenti su cui scherzare. Non scordo nemmeno le sgradevoli punizioni che mi facevano solo infuriare ancora di più, ma chi sarei ora se non mi fosse mai stato insegnato nulla?

Allora grazie, grazie di essere stato così. Grazie di avermi mostrato che non c’è bisogno di urlare e disperarsi, perché a tutto c’è una soluzione, basta pensarci bene. Grazie di avermi regalato tanti piccoli momenti unici, che ora costellano il mio cuore e mi fanno sorridere. Ricordo con gli occhi lucidi i momenti passati e spero in tanti momenti futuri di altrettanta bellezza. Sei un esempio da seguire, un sorriso da imitare.

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