Quanto è buffo,
non sentirsi amati.
Nonostante le parole,
nonostante i baci,
nonostante gli abbracci,
nonostante le carezze,
nonostante i sospiri,
nonostante le risate.
Temiamo sempre che qualcosa,
nascosto dietro qualcuno,
possa rovinarci.
Sospettiamo della trasparenza,
dell’onestà,
dell’amore stesso.
E non li chiudiamo gli occhi del tutto.
Non ci buttiamo più.
Non ci crediamo mai fino in fondo.
Come mai?
Siamo stati feriti,
siamo stati traditi,
siamo stati illusi.
Da mani e occhi
così simili a quelli
che ora ci danzano addosso.
E quindi no,
non ci sentiamo amati.
Mai del tutto.
Mai davvero.
Esseri incontentabili,
così dannatamente umani.
Abbiamo il coraggio
di guardarci negli occhi,
abbiamo il coraggio
di dirci “Ti amo”,
ma non abbiamo il coraggio
di fidarci completamente,
del tutto.
E non siamo quindi
tutti quanti
un po’ codardi?
Non siamo quindi
tutti quanti
uguali?
Abbiamo tutti paura,
paura di dare troppo,
di non vedere il nostro impegno ripagato.
E io ti guardo negli occhi,
mi vedo riflessa,
mi vedo tremante,
mi vedo bianca dalla paura,
ma non riesco a fermarmi.
E tu forse provi le stesse cose,
ma siamo due muti
e non ci capiamo mai.
Siamo in cerca di chiarezza,
noi buffi umani,
ma non la troviamo mai,
non ci troviamo mai.
Così tanti,
così vicini,
così confusi.
Perché questo mondo
non lo capiamo,
come lui non capisce noi.
Siamo umani in lotta tra di noi,
nonostante cerchiamo
la fiducia,
l’amore,
la felicità.
E allora perché scappiamo?
Perché ci remiamo contro?
perché non ci fermiamo a parlare?
Cosa vogliamo dimostrare?
Chi vogliamo sembrare?
Mi chiudo in camera,
lontana dai rumori,
a scrivere di noi formiche,
che ci crediamo giganti,
ma forse neanche esistiamo.
Nella penombra della stanza,
mi vedo crollare,
mi vedo piangere,
nonostante sembri tutto a posto.
Vedo il mio corpo irrigidirsi,
sudare,
tremare,
su di un letto sconosciuto.
Vedo il mio cuore fidarsi,
forse troppo presto,
forse troppo.
Nella penombra della stanza,
scrivo perché devo respirare.
Scrivo perché devo farlo.
Come un sonnifero,
scrivo e mi anestetizzo.
Quando provo troppo,
quando temo per me,
ricorro alla scrittura.
Quando sono ispirata,
quando sogno di giorno,
la scrittura corre da me.
E alla fine,
come in punto di morte,
forse non ho neanche
le parole perfette.